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Articolo pubblicato nel blog Settimo Cielo di Sandro Magister qua
Viste le istruzioni dei vescovi della regione di Buenos Aires –
approvate per iscritto da papa Francesco –, dei vescovi di Malta,
di altri vescovi ancora e da ultimo della conferenza episcopale della Germania,
è ormai evidente che l'argomento principe sul quale i novatori fanno leva per
giustificare la comunione ai divorziati risposati è quello adombrato in questa
frase suggestiva di "Amoris laetitia", a sua volta ripresa da
"Evangelii gaudium", il documento programmatico dell'attuale
pontificato:
"L’Eucaristia non è un premio per i perfetti ma un
generoso rimedio e un alimento per i deboli".
È un'asserzione, questa, che è frequentemente associata –
anche nella predicazione di Jorge Mario Bergoglio – ai pasti che Gesù consumava
con i peccatori.
Ma è anche un'asserzione che è stata messa a nudo e
criticata a fondo da Benedetto XVI.
Basta porre a confronto i testi dell'uno e dell'altro papa
per verificare quanto siano tra loro in contrasto.
*
In papa Francesco l'associazione tra l'Eucaristia e i pasti
di Gesù con i peccatori è postulata in forma allusiva e con lo studiato ausilio
di note a piè di pagina:
In "Amoris laetitia" il passaggio chiave è nel
paragrafo 305:
"A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti,
è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia
soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in
grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e
di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa".
Al quale è agganciata la nota 351:
"In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei
Sacramenti. Per questo, 'ai sacerdoti ricordo che il confessionale non
dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore'
(Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038).
Ugualmente segnalo che l’Eucaristia 'non è un premio per i perfetti, ma un
generoso rimedio e un alimento per i deboli' (ibid., 47: 1039)".
Se poi si risale a "Evangelii gaudium", ecco che
cosa si legge nel paragrafo 47:
"Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita
ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei
Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. […] L’Eucaristia,
sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i
perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli".
Anche qui con un rimando a una nota, la 51:
"Cfr Sant’Ambrogio, De Sacramentis, IV, vi, 28: PL 16,
464: 'Devo riceverlo sempre, perché sempre perdoni i miei peccati. Se pecco
continuamente, devo avere sempre un rimedio'; ibid., IV, v, 24: PL 16, 463:
'Colui che mangiò la manna, morì; colui che mangia di questo corpo, otterrà il
perdono dei suoi peccati'; San Cirillo di Alessandria, In Joh. Evang. IV, 2: PG
73, 584-585: 'Mi sono esaminato e mi sono riconosciuto indegno. A coloro che
parlano così dico: e quando sarete degni? Quando vi presenterete allora davanti
a Cristo? E se i vostri peccati vi impediscono di avvicinarvi e se non smettete
mai di cadere – chi conosce i suoi delitti?, dice il salmo – voi rimarrete
senza prender parte della santificazione che vivifica per l’eternità?'".
*
In Joseph Ratzinger teologo e papa, invece, ci troviamo in
presenza di un'argomentazione serrata, mirata a provare l'insostenibilità
dell'associazione tra l'Eucaristia e i pasti di Gesù con i peccatori, con le
conseguenze che ne derivano.
Ecco come egli sviluppa tale argomentazione nelle pagine
422-424 del volume XI dei suoi Opera Omnia, "Teologia della
Liturgia", pubblicato nel 2008 a cura dell'attuale prefetto della
congregazione per la dottrina della fede, cardinale Gerhard L. Müller:
"La tesi secondo cui l'Eucaristia apostolica si
ricollega alla quotidiana comunità conviviale di Gesù con i suoi discepoli […]
viene in ampi circoli radicalizzata nel senso che […] si fa derivare
l'Eucaristia più o meno esclusivamente dai pasti che Gesù consumava con i
peccatori.
"In tali posizioni si fa coincidere l'Eucaristia
secondo l'intenzione di Gesù con una dottrina della giustificazione rigidamente
luterana, come dottrina della grazia concessa al peccatore. Se infine i pasti
con i peccatori vengono ammessi come unico elemento sicuro della tradizione del
Gesù storico, si ha per risultato una riduzione dell'intera cristologia e
teologia su questo punto.
"Ma da ciò segue poi un'idea dell'Eucaristia che non ha
più nulla in comune con la tradizione della Chiesa primitiva. Mentre Paolo
definisce l'accostarsi all'Eucaristia in stato di peccato come un mangiare e
bere "la propria condanna" (cf. 1 Cor 11, 29) e protegge l'Eucaristia
dall'abuso mediante l'anatema (cf. 1 Cor 16, 22), appare qui addirittura come
essenza dell'Eucaristia che essa venga offerta a tutti senza alcuna distinzione
e condizione preliminare. Essa viene interpretata come il segno della grazia
incondizionata di Dio, che come tale viene offerta immediatamente anche ai
peccatori, anzi, anche ai non credenti, una posizione che, comunque, ha ormai
ben poco in comune anche con la concezione che Lutero aveva dell'Eucaristia.
"Il contrasto con l'intera tradizione eucaristica
neotestamentaria in cui cade la tesi radicalizzata ne confuta il punto di
partenza: l'Eucaristia cristiana non è stata compresa partendo dai pasti che
Gesù ebbe con i peccatori. […] Un indizio contro la derivazione dell'Eucaristia
dai pasti con i peccatori è il suo carattere chiuso, che in questo segue il
rituale pasquale: come la cena pasquale viene celebrata nella comunità
domestica rigorosamente circoscritta, così esistevano anche per l'Eucaristia
fin dall'inizio condizioni d'accesso ben stabilite; essa veniva celebrata fin
dall'inizio, per così dire, nella comunità domestica di Gesù Cristo, e in
questo modo ha costruito la 'Chiesa'".
*
È evidente che da questa argomentazione di Ratzinger deriva
il divieto della comunione ai divorziati risposati, e non solo ad essi: divieto
che ha trovato chiara espressione nel suo magistero da papa, come già nel
magistero dei suoi predecessori.
Così come non sorprende che dalle asserzioni allusive di
papa Francesco derivino interpretazioni favorevoli alla comunione ai divorziati
risposati: interpretazioni da lui stesso non solo consentite, ma esplicitamente
approvate.
Il contrasto c'è. E a giudicare dagli argomenti di Ratzinger
non è solo pratico, "pastorale", ma tocca i pilastri della fede
cristiana.
Artículo publicato en el blog Settimo cielo di Sandro Magister qua
Vistas las instrucciones de los obispos de la región de Buenos
Aires – aprobadas por escrito por el papa Francisco –, de los
obispos de Malta,
de otros obispos también y por última de la Conferencia Episcopal de Alemania,
ahora es evidente que el argumento principal sobre el cual los innovadores se
palanquean para justificar la comunión a los divorciados que se han vuelto a
casar es el esbozado en esta frase sugestiva de "Amoris laetitia", a
su vez retomada por "Evangelii gaudium", el documento programático
del actual pontificado:
"La Eucaristía no es un premio para los perfectos sino
un generoso remedio y un alimento para los débiles".
Ésta es una afirmación que está frecuentemente asociada –
también en la predicación de Jorge Mario Bergoglio – a las comidas que Jesús
compartía con los pecadores.
Pero es también una afirmación que ha sido sacada a la luz y
criticada a fondo por Benedicto XVI.
Basta confrontar los textos de uno y de otro Papa para
verificar cuanto contraste hay entre ellos.
*
En el papa Francisco, la asociación entre la Eucaristía y
las comidas con los pecadores es postulada en forma alusiva y con el estudiado
auxilio de notas a pie de página:
En "Amoris laetitia" el pasaje clave está en el
parágrafo 305:
"A causa de los condicionamientos o factores
atenuantes, es posible que, en medio de una situación objetiva de pecado – que
no sea subjetivamente culpable o que no lo sea de modo pleno – se pueda vivir
en gracia de Dios, se pueda amar, y también se pueda crecer en la vida de la
gracia y la caridad, recibiendo para ello la ayuda de la Iglesia".
La nota 351 se conecta con este parágrafo:
"En ciertos casos, podría ser también la ayuda de los
sacramentos. Por eso, 'a los sacerdotes les recuerdo que el confesionario no
debe ser una sala de torturas sino el lugar de la misericordia del Señor'
(Exhort. ap. Evangelii gaudium [24 noviembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038).
Igualmente destaco que la Eucaristía 'no es un premio para los perfectos sino
un generoso remedio y un alimento para los débiles' (ibíd, 47: 1039)".
Si después seguimos con "Evangelii gaudium", esto
es lo que se lee en el parágrafo 47:
"Todos pueden participar de alguna manera en la vida
eclesial, todos pueden integrar la comunidad, y tampoco las puertas de los
sacramentos deberían cerrarse por una razón cualquiera. […] La Eucaristía, si
bien constituye la plenitud de la vida sacramental, no es un premio para los
perfectos sino un generoso remedio y un alimento para los débiles".
También aquí con un envío a una nota, la 51:
"Cf. San Ambrosio, De Sacramentis, IV, 6, 28: PL 16,
464: 'Tengo que recibirle siempre, para que siempre perdone mis pecados. Si
peco continuamente, he de tener siempre un remedio'; ibíd., IV, 5, 24: PL 16,
463: 'El que comió el maná murió; el que coma de este cuerpo obtendrá el perdón
de sus pecados'; San Cirilo de Alejandría, In Joh. Evang. IV, 2: PG 73,
584-585: 'Me he examinado y me he reconocido indigno. A los que así hablan les
digo: ¿Y cuándo seréis dignos? ¿Cuándo os presentaréis entonces ante Cristo? Y
si vuestros pecados os impiden acercaros y si nunca vais a dejar de caer –
¿quién conoce sus delitos?, dice el salmo –, ¿os quedaréis sin participar de la
santificación que vivifica para la eternidad?''".
*
En Joseph Ratzinger, teólogo y Papa, por el contrario, nos
encontramos en presencia de una argumentación ajustada, que apunta a a probar
la insostenibilidad de la asociación entre la Eucaristía y las comidas de Jesús
con los pecadores, con las consecuencias que se derivan de ello.
He aquí cómo él desarrolla esa argumentación en las páginas
422-424 del volumen XI de su Opera Omnia, "Teología de la Liturgia",
publicado en el 2008 a cargo del actual prefecto de la Congregación para la
Doctrina de la Fe, cardenal Gerhard L. Müller:
"La tesis según la cual la Eucaristía apostólica se
vuelve a vincular con la cotidiana convivencia comunitaria de Jesús con sus
discípulos […] se radicaliza en amplios círculos, en el sentido que […] se hace
derivar la Eucaristía más o menos exclusivamente de las comidas que Jesús
llevaba a cabo con los pecadores.
"En esas posiciones se hace coincidir la Eucaristía
según la intención de Jesús con una doctrina de la justificación rígidamente
luterana, como doctrina de la gracia concedida al pecador. Si en definitiva las
comidas con los pecadores son admitidas como único elemento seguro de la
tradición del Jesús histórico, resulta de ello una reducción de toda la
cristología y teología a este punto.
"Pero de esto sigue después una idea de la Eucaristía
que ya no tiene nada en común con la tradición de la Iglesia primitiva.
Mientras que san Pablo define el acercamiento en estado de pecado a la
Eucaristía como un comer y beber "la propia condenación" (cf. 1 Cor
11, 29) y protege a la Eucaristía del abuso mediante el anatema (cf. 1 Cor 16,
22), aparece aquí incluso como esencia de la Eucaristía que ella sea ofrecida a
todos sin ningún distingo ni condición previa. [En este caso] ella es
interpretada como el signo de la gracia incondicional de Dios, que como tal se
ofrece inmediatamente también a los pecadores, más aún, también a los no
creyentes. Es una posición que, sin embargo, tiene ahora muy poco en común con
la concepción que tenía Lutero de la Eucaristía.
"El contraste con toda la tradición eucarística neotestamentaria
en la que cae la tesis radicalizada refuta el punto de partida: la Eucaristía
cristiana no fue comprendida partiendo de las comidas que Jesús celebró con los
pecadores. […] Un indicio contra la derivación de la Eucaristía de las comidas
con los pecadores es su carácter cerrado, que lo continúa el rito pascual: así
como la cena pascual se celebra en la comunidad doméstica rigurosamente
circunscrita, así también desde el comienzo había para la Eucaristía
condiciones de acceso bien establecidas; desde el comienzo ella era celebrada,
por así decir, en la comunidad doméstica de Jesucristo, y es de este modo que
se ha edificado la 'Iglesia'".
*
Es evidente que de esta argumentación de Ratzinger deriva la
prohibición de la comunión a los divorciados que se han vuelto a casar, y no
sólo a ellos: prohibición que ha encontrado clara expresión en su magisterio
como Papa, al igual que en el magisterio de sus predecesores.
Del mismo modo, no sorprende que de las afirmaciones
alusivas del papa Francisco deriven interpretaciones favorables a la comunión a
los divorciados que se han vuelto a casar: interpretaciones no sólo consentidas
por él, sino explícitamente aprobadas.
El contraste existe. Y a juzgar por los argumentos de
Ratzinger no es sólo un contraste práctico, "pastoral", sino uno que
roza los pilares de la fe cristiana.
(Traducción en español de José Arturo Quarracino,
Temperley, Buenos Aires, Argentina)
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